Panzanella

La prima volta che ho mangiato la panzanella ero ad Ontignano, sulle colline sopra Firenze. Lì la si mangiava tutte le sere ed era squisita. Sarà che dopo aver sparso letame sugli ulivi tutto il giorno c’era una fame da lupi.

É una ricetta semplice, tradizionale cibo povero della Toscana, ma gustoso e nutriente, ottimo per le sere d’estate.

Per 6 persone:

  • 2 peperoni rossi
  • 2 peperoni gialli
  • 600 g di pane raffermo di buona qualità
  • 1 kg di pomodori maturi
  • sale
  • 6 acciughe sotto sale o 12 filetti sott’olio
  • una manciata di capperi
  • 1 cipolla rossa
  • 1 cuore di sedano
  • una manciata di foglie di basilico fresco

per il condimento:

  • aceto di vino
  • olio extra vergine di oliva
  • 1 piccolo spicchio d’aglio
  • sale e pepe

Cuocete e spellate i peperoni come meglio vi pare.

Prendete il pane raffermo, possibilmente pane toscano o comunque un pane un po’ grezzo (anche integrale), ed eliminate i pezzi di crosta più duri. Con le mani riducetelo a pezzettoni grossi più o meno come un pollice. Mettete da parte in una terrina.

I pomodori devono essere quelli adatti, non certo quelli verdastri ed insapori da insalata. Tagliateli a pezzi grandi più o meno come quelli di pane, conditeli leggermente ed uniformemente con del sale e versateli in uno scolapasta, mettendoci sotto una terrina per raccogliere il succo.

Affettate la cipolla finemente e se una vi pare troppo riducete la dose. Affettate finemente il cuore di sedano. Versate cipolla e sedano nella terrina del pane. Tagliate a fettine i peperoni e via, assieme al resto.

Pigiate delicatamente i pomodori messi a scolare perché rilascino il liquido in eccesso, con questo si prepara il condimento.

Aggiungete i pomodori all’insalata assieme al basilico spezzettato.

Aggiungete al succo dei pomodori 2 cucchiaiate di aceto, 10 cucchiai di olio buono, lo spicchio d’aglio tagliato fine. Mescolate ed assaggiate, aggiungete pepe e se serve altro sale. Versate la salsina sull’insalata e mescolate delicatamente per un minuto. Poi lasciate riposare almeno 15 minuti.

Prima di servire disponete sull’insalata le acciughe dissalate, o quelle sott’olio, guarnendo con foglioline di basilico e di sedano.

[La ricetta è originale di Jamie Oliver: Il mio giro d’Italia.]

Rombo al finocchio

Ci sono alimenti che piacciono di più ed altri che piacciono di meno, ma c’è una categoria speciale di alimenti che colpisce le parti più primitive del nostro cervello mammifero ed una volta assaggiate lì lasciano l’impronta.

Cibi così o ti fanno innamorare o si fanno odiare, pensate ad esempio al tartufo oppure alla cassata siciliana o alla carne di agnello ai ferri. Oppure al peposo, vi ricordate il peposo? La ricetta di oggi, nella sua semplicità, è per me uno di questi misteri gastronomici.

Gli ingredienti:

  • 1 rombo di 2-3 kg (eviscerato)
  • 1 cucchiaio di semi di finocchio (eventualmente mescolato a semi cumino)
  • 1 cucchiaio di sale grosso
  • un mazzetto di rametti di finocchio (grazie a Dio facoltativo)
  • 2 limoni biologici affettati fini
  • olio extravergine di oliva

Scaldate il forno a 200° . Lavate il rombo (il mio era un rombo croato scuro come la notte) ed asciugatelo con carta da cucina. In un mortaio pestate i semi di finocchio ed il sale fino a ridurli in polvere e cospargete accuratamente il pesce da entrambi i lati e nella cavità interna. Io non avevo semi di finocchio, me la sono cavata con due bustine di tisana al finocchio e l’aggiunta di semi di cumino. Se non avete un mortaio arrangiatevi col coltello ed il tagliere.

La ricetta prevederebbe un mazzetto di rametti di finocchio per fare da letto al pesce. Dubito che ne abbiate, se avete del finocchio da insalata depredatelo delle foglioline anche se non è la stessa cosa, altrimenti fate senza del tutto che va bene lo stesso.

Adagiate il pesce – intero, mi raccomando! – su una teglia da forno, disponete le fettine di limone su tutta la superficie e date una bella spruzzata di olio di oliva. Ovviamente il limone deve essere biologico perché va messo con la buccia, ché anzi qui è più la scorza che la polpa a dover cedere aromi (per inciso, quello della foto è uno dei dei due della pianta del nostro giardino).

Cuocete per 30-40 minuti a seconda della dimensione del pesce e comunque togliete dal forno quando vi pare che la pelle sia ben cotta.

Io lo ho servito con contorno di zucchine tonde al curry e peperoni friggitelli spadellati, ma la scelta è del tutto arbitraria.

Come si mangia ‘sta roba? Beh, dal lato tecnico: servite in tavola caldo ed intero. Mettete da parte le fette di limone che hanno esaurito il loro ruolo, poi aiutandovi con un coltello non affilato sfilate le lische della pinna dorsale e della pinna ventrale (che sono i quattro lati del rombo della Geometria) e sfilettate i 4 pezzi di carne. Servite bagnando col sughetto. Dal lato gustativo: cercate di mangiare la pelle è la parte più gustosa, se proprio non vi piace recuperatene almeno la copertura aromatica, e poi succhiate le lische scartate con religiosa dovizia.

Non so, forse dovrei assaggiarlo un’altra volta per dire se si tratta di vero amore o di una infatuazione passeggera, fatto sta che da un paio di giorni le mie papille olfattive vengono di quando in quando sopraffate da un languido ricordo.

[La ricetta è originale di Jamie Oliver: Il mio giro d’Italia. Non cita la fonte della ricetta, forse è sua?]

Un tributo a Charles Harper ed alle illustrazioni di metà ‘900.

Torta di riso soffiato e Mars

E’ la classica torta da feste di compleanno delle elementari. Mi ricordo che quando ho compiuto 6 anni, ho fatto la festa e così mia mamma l’ha fatta. La cosa bella è che gli aveva dato la forma di un 6, ma molto grande eh, e anche molto buono. Un 6 proprio buono…

Con gli anni è stata dimenticata nel dimenticatoio, ma per fortuna ci sono io che la farò risorgere e con essa scalerò le vette del successo e infine CONQUISTERO’ IL MONDO!!! UAH UAH UAH! Comunque…

INGREDIENTI:

-10 mars, forse anche i Lions vanno bene, ma non ho mai provato con quelli…

-150 gr di burro

-1 scatola di riso soffiato, quella della kellogs con i 3 folletti sulla confezione. So che la nonna una volta usava un riso soffiato particolare, quello classico diciamo.

Questi erano gli ingredienti. In realtà per le dosi potete regolarvi ad occhio, dipende da quanto concentrata e calorica volete farla. A me piace abbondare col burro e il mars e di tenermi stretto col riso, in modo da ottenere una bomba che ti stronca per tutta la giornata… poi vedete voi, i gusti sono gusti!

Comunque ritornando alla ricetta: sciogliete i mars in una pentola antiaderente con il burro mescolando lentamente a fuoco lento. Quando avrete ottenuto una roba cremosa e omogenea, aggiungete pian piano il riso sempre mescolando. Il composto deve prendere un colore uniforme, e ogni chicco di riso soffiato deve essere ugualmente circondato dal cioccomars, non so se mi spiego.  Successivamente portate il tutto in una teglia e pressate, dandogli l’atezza e la forma che volete. Lasciate raffreddare ed  eventualmente mettete in frigo.

Tagliatela a cubetti ed offritela ai parenti per ottenere acclamazioni e grida di giubilo. Complimenti: Siete sempre più vicini alla conquista del mondo.

Un libro inglese

Libro inglese, figlio legittimo della comunicazione ai tempi di Internet e dei blog: lo stile di scrittura è molto diretto ed autobiografico, le immagini – belle fotografie a colori – non documentano solo le ricette, ma le arricchiscono di colori e le calano in situazioni narrative concrete che si intersecano col viaggio del cuoco in giro per l’Italia.

Oliver è un cuoco particolare che ha più l’aria di un cantante rock di provincia che quella di un lavoratore ai fornelli. In Inghilterra è famosissimo, ma anche in giro per il mondo perché i suoi libri, con le sue trasmissioni televisive, sono stati tradotti in varie lingue.

Guardatelo, sembra avere 20 anni, gira il modo con un vecchio furgoncino VolksWagen e al tempo stesso scrive libri di successo e gira serial televisivi, e tutto questo pur avendo famiglia. Ma quando gli avanza il tempo per cucinare? Eppure dalle sue pagine ci parla da grande chef. È noto come “il cuoco nudo” perché il suo programma è “cucinare deve essere semplice, gustoso, divertente”. Semplice soprattutto. E ci va a nozze con la cucina regionale italiana (che è poi ciò di cui il libro tratta).

O è un artefatto dei signori dei media oppure è nato con il cappello da cuoco (o, a ben pensarci, tutt’e due).

Fatto sta che spiluccando il libro anche superficialmente vi vien subito voglia di mangiare, di mangiare bene! Le foto aiutano, ma la descrizione del processo di produzione del piatto ve lo fa gustare anzitempo, ve lo fa assaggiare via via, fin dalla scelta degli ingredienti.

Incipit del tipo ‘Dario Cecchini è uno dei migliori macellai d’Italia.’ oppure ‘Questa zuppa toscana è… deliziosa dovrebbero provarla tutti’, o ‘OK, ragazzi… questa forse diventerà la vostra pastasciutta preferita!’ o ancora ‘ Questa è una grande ricetta base, che può essere interpretata in mille modi e trasformarsi ogni volta in un risotto diverso e speciale’ non sono solo eccezionali esempi di captatio benevolentiae, ma sembrano suggerire la trasmissione di un’idea ‘maggiore’, di un segreto culinario generalizzabile alla propria pratica di cucina. Perché la cucina è un po’ così, ci sono le ricette sì, ma poi ci sono le scoperte che cambiano il tuo modo di vedere e di confezionare il cibo.

Mi sa che in questo blog di ricette tratte dai libri di Jamie ne troverete parecchie.